7.

20 ottobre 2011 – terrazzo, Milano








Ha smesso di piovere. Vedo il mio riflesso in una pozzanghera e fatico, di nuovo, a riconoscermi. Quasi in apnea penso a quante cose sono cambiate da quel giorno di undici anni fa nel parco di Londra, i piedi distesi sull’erba… ricordo bene quel momento. Stranamente, ricordo bene anche me. E la consapevolezza, mista ad apprensione, che la mia vita fosse ormai decisa e sicura: un amore per sempre, una vita straniera, altre percezioni, impegni, abitudini, odori, la voglia di scrivere, sempre.
Il fatto di essere qui dimostra che sono tante, infinite, le cose che invece sono accadute mutando il percorso da quella direzione.
La mia vita non è soltanto cambiata in modo assolutamente impensabile per il mio pensiero di allora, ma a guardarla da qui sembra semplicemente la vita di un’altra persona. Perfino nella banalità dei miei gusti nei confronti del cibo sono diversa.
Qui, penso al senso dell’esperienza, ovvero a come quell’accumulo di sensazioni provate e subite fa del nostro vivere, un vivere sempre meno puro e che sembra trasformarci in persone totalmente differenti. Già, sembra.
Eppure, una volta arrivata a questo punto, diventa evidente che per quanto possiamo faticare nel riconoscerci, le scelte che facciamo non sono altro che l’espressione della nostra natura più immutabile; il nostro carattere.
Il carattere ci guida, ci costringe, ci cinge. E segna la via, in ogni momento e prima ancora di qualunque passo.
Sono consapevole che lungo questo cammino ho modificato molte abitudini, importanze, voglie… ma il mio carattere, che mi fa ribellare alla vita, è rimasto sempre lo stesso.



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