78.


25 ottobre 2012 – casa, Milano.





E va bene, lo ammetto.
Credo sia inevitabile, ci sono momenti in cui è difficile riconoscere un senso per le cose che ci accadono.
Ci sono momenti, come dice Tommy, in cui senti che il mondo ti offende.
E vorresti soltanto correre via.
Ci sono momenti in cui riesci a pensare soltanto a quello che hai perso.
E fai fatica anche solo a fare un passo.

Eppure.
Eppure, non so come, nel momento in cui la mia mente si attorciglia in una matassa compatta di pensieri fragili e taglienti… ritrovo il filo sottile di una consapevolezza annodata tempo fa: essere felici è una scelta.
E così, mi aggrappo a quel filo che sembra smosso dal vento, ma so essere saldo. 
E faccio un passo, inizio di nuovo a camminare, scegliendo di vedere cuori dove altri vedono soltanto foglie.

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77.

7 aprile 2012 – casa, Milano.









In questo momento, mentre compongo distrattamente ai miei piedi le immagini di questo percorso e, senza preavviso, nell’aria si diffondono le note di questa canzone come fossero un presagio, così, come qualcosa che non so spiegare a parole eppure sento con assoluta chiarezza, faccio un passo.
Il 77.
D’istinto guardo l’orologio, poi sorrido.  
E’ da poco passata la mezzanotte.
Ciò significa che oggi è il 7 aprile.
E per quanto possa sembrare insensato a qualcuno, in questo momento sono consapevole che questo passo, il 77, chiude il cerchio di questo cammino con una sensazione prevista.
Non scriverò più, di passi.
Perché per me il senso di questo percorso si è esaurito.
Da adesso in poi, scelgo soltanto di lasciarmi vivere. A modo mio.
Certo, per qualcuno sarà forse un caso, ma non per me, perché niente lo è.
Oggi è il 7 aprile e sono passati 7 mesi dal quel 7 settembre in cui ho sentito il mio cuore spezzarsi e ho iniziato questo percorso.
Un percorso iniziato nel dolore. Un dolore che ricordo bene, perché posso riconoscerlo in alcune immagini che sono adesso ai miei piedi.
Come chi prova un’emozione fortissima riguardando le foto di un viaggio passato, in questo momento io posso rivivere con precisione vivida ogni singolo pensiero che ha scandito i passi di questo percorso all’interno della mia mente. Come per magia, mi basta uno sguardo per riconoscere ogni singola emozione che si è accompagnata a ognuna di queste immagini. Ricordo perfino le canzoni che hanno inciso e amplificato quel momento particolare.
Perché è questo ciò che vedo, in queste “foto di piedi” ai miei piedi, a prescindere dal luogo che ha fatto da sfondo alla mia vita in quel preciso momento.
Perciò, in alcune di esse, mi è facile riconoscere un dolore immenso e, poco più in là, il vuoto e la paura. Spostando lo sguardo rivedo la prepotenza di certe domande alle quali non sapevo ancora rispondere, e l’insinuarsi di un dubbio che sembrava svuotarmi l’anima.
Poi, riconosco quello stesso dolore divenire passo dopo passo più sopportabile e, lentamente, lasciare spazio all’amore delle persone che incontravo lungo la strada. Come fosse un caso.
Rivedo l’emozione inebriante di scoprire che più facevo un passo nella ricerca del bene in me, più diventava facile riconoscerlo negli altri. L’emozione di capire che i nostri pensieri creano l’energia che condividiamo nello spazio tra noi e non esiste emozione più intensa di due energie che condividono il bene reciproco (+). Rivedo il momento esatto in cui ho capito che ogni incontro, ogni persona che capita sulla nostra strada, ha un significato ed è un’occasione per imparare, alla quale è affascinante prestare attenzione.     
Tra queste immagini, rivedo i passi degli amici di sempre, il loro dedicarsi a me per seguire il filo di un pensiero che abbiamo seminato tanto tempo fa e adesso è un albero bellissimo che attira, con il profumo dei suoi fiori, farfalle screziate d’un bianco candido. Non li ringrazierò mai abbastanza, perché mi hanno dato il coraggio di guardarmi dentro facendomi da specchio.  
In altre immagini, riconosco il passo di perfetti sconosciuti, tanti, che sono entrati nella mia vita ancora una volta per puro caso, con una stretta di mano o una parola, e che ora mi stringono in un abbraccio così profondo che posso sentire battere il loro cuore con il mio. Queste persone mi ricordano in ogni momento che il bene è una scelta meravigliosa.
Poi, in altre immagini rivedo il potenziale di un uomo che per un momento ha fatto battere il mio cuore, dandomi l’occasione di scoprire che niente è per caso. Nel guardare i passi fatti con lui, mi piace pensare di avergli dato sufficiente amore per ricompensarlo di ciò che lui ha dato a me: la consapevolezza che un potenziale non è abbastanza per rendermi felice.   
In uno sguardo d’insieme, mi rendo conto che sono tanti, tantissimi, i pensieri che hanno lasciato impronte su questo cammino.
Lungo questa strada ho appoggiato i piedi su tante strade, camminato in casa, sotto casa, in città conosciute e terre straniere, scoperto nuova musica, nuovi sapori, annusato profumi antichi e nuove consapevolezze, visto soli e stelle e lune a barchetta, smosso l’aria, regalato pensieri al vento, inebriata dal vino, dalla vita, guidato a tutto volume, ballato, cantato a squarciagola, pedalato in bici perdendo il fiato, pianto, riso fino alle lacrime, emozionata davanti a un tramonto fatto di sabbia e vulcani, di onde, persa nella mente e ritrovata nel battito del mio cuore, visto gli amici partire riabbracciandoli un passo dopo, incrociato qualche persona di passaggio, lasciato qualcuno cambiare strada, trovato amore nell’amore degli amici di sempre e incontrato tante persone che hanno trasformato la mia vita in un viaggio pieno di magia.
Per tutto questo, nell’immagine reale di quest’ultimo passo, trovo la consapevolezza che non tornerei mai indietro.

E così, si chiude il cerchio di questo percorso mentre, con il cuore aperto, vado incontro a quello che è il primo giorno del resto della mia vita.
Buon viaggio.
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76.


16 marzo 2012 - casa, Milano - con Lorenzo Franco, Fugen Keracerci e Chiara Lops.









In questo momento, mentre condivido il passo con queste persone così apparentemente diverse tra loro, ho improvvisamente la percezione del come.
Questo passo nella mia mente è come una luce che si accende in una stanza buia. E mentre ascolto Fugen parlare delle energie che emanano dai nostri pensieri e dopo tanto cercare, mi sembra di aver trovato il modo di spiegare con chiarezza l’origine di quel pensiero che mi ha portata fino a qui.
Sono consapevole che è stato un lungo viaggio.
Un viaggio pieno di dolore e difficoltà, di gioia e meraviglia.
Difficile da spiegare, perché comprende la consapevolezza, almeno per me, che siamo i nostri pensieri, che questi producono l’energia che si concretizza negli eventi del nostro presente, che il dolore è un’opportunità, che se troviamo il coraggio di ascoltarci possiamo trovare tutte le risposte, che nell’accettazione di sé risiede la ricerca del bene negli altri, che tenendo il cuore aperto si possono incontrare persone meravigliose, che ogni incontro con un altro essere umano è un’opportunità di conoscenza, che siamo tutti animati dalle stesse paure e desideri, ma rimarremo sempre incomprensibili gli uni agli altri se non troviamo la volontà di condividere i nostri pensieri e le nostre emozioni (+), che ogni tentativo di controllare il pensiero andando contro ciò che sentiamo è una guerra che combattiamo solo contro noi stessi e che niente è per caso.
Implica la consapevolezza che l’amore è l’unica cosa che conta.
E’ difficile spiegare, perché fa parte di un percorso che ognuno deve fare dentro di sé e non c’è modo d’insegnare a qualcuno a sentire.
Però, in questo momento, mi rendo anche conto che ogni consapevolezza, ogni viaggio, ha un punto di partenza, un’origine che può dare il via alla conoscenza di sé, e per me quest’origine è il dubbio.
Nel momento esatto in cui dubitiamo di qualcosa, prendiamo in considerazione il fatto che quel qualcosa possa esistere, avendo la possibilità di cambiare la nostra prospettiva.
Ricordo che in un momento passato della mia vita ho dubitato di essere veramente padrona della mia vita e delle mie scelte, provando così a fare un esperimento con la mia mente: ogni volta che pensavo a qualcosa in modo negativo, riformulavo la frase in positivo.
Facile, no?
Già, un esercizio apparentemente semplice che, in realtà, mi ha fatto scoprire di avere pochissimo controllo sui miei pensieri e che, soprattutto, quelli negativi erano la maggioranza. La mia mente vagava, satura di “non vorrei”, “non mi piace” e “non sopporto”.
Rendermi conto che, a differenza di quello che potevo immaginare, era difficilissimo indirizzare i miei pensieri, è stata per me una scoperta del tutto disarmante (e illuminante), perché attraverso un esercizio apparentemente banale avevo scoperto di avere pochissimo controllo sulla mia mente.

E così ho iniziato a fare esperimenti con i miei pensieri.

In questo momento, mentre condivido il passo con queste persone così apparentemente diverse tra loro, sono consapevole che quell’esercizio banale è stata l’occasione migliore della mia vita per cambiare la mia percezione del mondo e arrivare a essere consapevole che la vita è un viaggio fantastico e pieno di meraviglia.
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75.

10 marzo 2012 – Lungo i Navigli, Milano.









In questo momento, la bici che frena in velocità e i miei piedi che si piantano a terra, in mezzo alla strada, sopra all’immagine di due sagome in statico movimento, una che segue l’altra in corsa, immobilizzo un pensiero.

Non è vero che è inutile spiegare.

Vale sempre la pena fare un tentativo.
Perché se penso a questi ultimi mesi, da quando ho iniziato a fare questi passi, non posso negare che sono tante le persone che sono entrate a fare parte della mia vita, apparentemente per caso, ma comunque in modo determinante nel presente.
Ne fanno parte persone che magari mi hanno scritto per condividere un pensiero, di loro spontanea volontà, perfetti sconosciuti che in seguito sono diventati volto, abbraccio, odore, presenza concreta e fonte inesauribile di energia e amore.
Altre persone sono entrate a farne parte perché mi sono lasciata guidare dal caso. Un colore, un numero, un segno che ha attirato la mia attenzione per motivi razionalmente inesistenti, ma che s’intingeva di senso nell’animo, portandomi a prestare più attenzione e quindi sui passi di persone fantastiche, piene di vita e di coraggio.
Attraverso di loro ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con pensieri e atteggiamenti che mi hanno insegnato che tenere il cuore aperto è l’unico modo per condividere il bene con gli altri.
Queste persone mi hanno fatto scoprire altri mondi, fatti di luoghi, di sapori, di atmosfere, di intense emozioni e di altre persone incredibili.
Vorrei ringraziarli tutti, perché riempiono la mia vita di magia in ogni momento e condividere i miei pensieri con loro è un privilegio che cerco di non dare mai per scontato.
Poi, c’è qualcuno che ci è entrato in un dato momento e ancora ne fa parte semplicemente perché mi è sembrato di riconoscere un potenziale che mi ha convinta a spingere oltre lo sguardo, oltre ciò che potevo soltanto vedere, ma che ancora rimane lì, presunto potenziale, in bilico tra il desiderio di crederci e una sensazione che a poco a poco si sta spegnendo, nell’assoluta convinzione che, comunque sia, niente è per caso.
E poi ci sono gli amici, quelli di sempre.
Loro rimangono la mia più grande conferma.
Durante questi ultimi mesi li ho visti cambiare profondamente, guardare alla vita con una prospettiva diversa.
Sono loro che mi tendono una mano quando vacillo, ricordandomi ad ogni passo che siamo tutti uguali, con le stesse paure e desideri e l’unica cosa che ci distingue gli uni dagli altri è l’intenzione.
L’intenzione di comunicare e condividere le nostre emozioni, con il cuore in mano. Perché solo in questo modo è possibile comprendere un altro essere umano nel profondo.
Non esiste altra via.
Altrimenti non faremo altro che continuare a incolpare gli altri per tutto ciò che ci capita, senza avere il coraggio di guardarci dentro e capire perché, ci sentiamo così feriti.
In questo momento, la bici che frena in velocità e i miei piedi che si piantano a terra, in mezzo alla strada, sopra all’immagine di due sagome in statico movimento, una che segue l’altra in corsa, comprendo che non è vero che è inutile spiegare, perché esiste sempre una possibilità che la via del dubbio ci porti su una nuova strada, dove possiamo imparare a condividere l'unico desiderio che ci rende tutti uguali: l'amore per se stessi e per gli altri.
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74.

9 marzo 2012 – festa con amici, Milano – con Maddalena Montaguti.









In questo momento, i piedi presi alle spalle dalle note di questa canzone amplificata tutt’attorno, nello spazio aperto di questo loft bianco alla periferia di Milano, mentre parlo con Madda dei segni che costellano la nostra vita, mi paralizzo.
Buffo.
Qualcuno, senza conoscermi né chiedere il permesso, ha visto un Iphone (il mio) sul tavolo, ha inserito lo spinotto collegandolo all’impianto hi-fi e ha fatto partire questa musica, a tutto volume.
A caso.
Ho sempre pensato che questa sarebbe stata la canzone del passo 77.
Non c’è un reale motivo. Me lo sentivo. Tutto qua.
L’ho ascoltata anche prima, in macchina, mentre venivo qui.
Perché la musica in macchina, di notte, è un'emozione fortissima, quasi al pari della musica amplificata nelle orecchie, in bici.
E, per caso, la sto ascoltando anche adesso, in questa casa piena di pittori, scrittori, editori e artisti che parlano tra loro, sotto il vetro di una luna a tuttotondo.
Ma io la sento.
Come qualcosa che è stato.
Come gli squali nel bagno.

Questa canzone me la suonava sempre T. alla chitarra.
Al mare, sugli scogli fino all’alba.
A casa, un po’ ovunque.
In questo momento, i piedi presi alle spalle dalle note di questa chitarra amplificata tutt’attorno, accetto il fatto che ci sono momenti in cui ancora mi manca.
E penso sia giusto così.
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73.

8 marzo 2012 – casa, Milano – con Alessandro Cameli.









In questo momento, i piedi su un senso che non mi è stato chiaro da subito, ma ho dovuto ricercare dentro di me, in profondità, penso che ogni persona che fa un passo nella nostra vita sia un’opportunità.
Per capire e, a volte, anche solo per recuperare quel filo che si era impigliato in qualche pensiero, attorcigliato alla memoria.
Trovare il senso che si nasconde dietro agli incontri apparentemente casuali della vita non sempre è facile, ma esiste, perché sono convinta che ogni persona con la quale entriamo in contatto abbia la possibilità di insegnarci qualcosa e modificare il nostro sentire.
E per ciò che mi riguarda, mi piace essere cosciente della direzione di quel cambiamento.
D’altronde, sono consapevole che esistono persone che ci sfiorano, sfiorano i nostri passi e passano oltre.
Altre che ci toccano l’anima, dirette al centro, la prima volta e per sempre.
Persone che rimangono a nuotare in superficie.
Altre che s’immergono arrivando al fondale. Dandoti l’occasione di scoprirlo a tua volta.
Persone che ti abbracciano con il corpo.
Altre che lo fanno con il cuore.
Ecco, Ale è uno che ti stringe con il cuore.
Io e Ale ci siamo conosciuti il 5 febbraio.
Me lo ricordo, perché quel giorno ho fatto un passo, a casa di Jack e Ludo.
Me lo ricordo, perché quel giorno ho pensato che il senso di quell’incontro si fosse esaurito in una frase che aveva citato e che mi aveva dato pace in un momento particolare.
Poi, ho pensato di non voler avere nient’altro a che fare con lui, per il fatto che la sua età poteva fornirmi un motivo sufficientemente valido per credere di non aver nulla da imparare, da lui.
E invece, adesso, so che non ringrazierò mai abbastanza il giorno in cui lui ha trovato il modo di rimanere in contatto con me, facendo un passo.
Perché la sua presenza mi ha ricordato qualcosa di fondamentale.
E questo è il senso del motivo per cui ci troviamo qui, in questo momento.
Ale mi ha ricordato che le persone autentiche sono semplici.
Mi ha ricordato ciò che è importante difendere.
Mi ha ricordato che siamo tutti uguali, esseri umani animati dalle stesse paure e desideri. 
E l'unica cosa che ci distingue, che ci rende diversi, comprensibili o inaccessibili gli uni agli altri è soltanto l’intenzione.
L’intenzione di comunicare e condividere le nostre emozioni.
In questo momento, i piedi su un senso che non mi è stato chiaro da subito, ma ho dovuto ricercare dentro di me, in profondità, so che Ale mi ha insegnato che non solo le persone che capitano sui nostri passi sono un’occasione per aprire la nostra mente e il nostro cuore, ma anche che il caso sceglie il momento giusto in cui farcele incontrare.
Il momento giusto per essere in grado di capire davvero che ogni incontro non è per caso, perché niente lo è.
Grazie Ale.
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72.

7 marzo 2012 – casa, Milano.









In questo momento, i piedi su questa doppia visione di me stessa, penso che non ho più voglia di essere un uomo.
So che non è facile uscire dai propri panni, ma mi piace pensare di riuscire a riconoscere il mio limite, fare un passo indietro e cambiare direzione andando avanti.
E’ piuttosto incisivo che, grazie alla “mente lineare” di un uomo come il Cookie, alcuni amici mi chiamino “Ometta”; una sorta di pasticcio condito d’ironia tra il nome della via in cui abito e un lato prepotente del mio carattere, senza tralasciare il “fratello biondo” che gli sento dire ogni tanto quando parla di me con altri.
In realtà non ho fratelli, ma è vero, sono cresciuta tra uomini.
E spesso e volentieri, mi ritrovo a essere l’unico spirito femminile in mezzo a una concentrazione indomita di ormoni. Nonostante ciò mi sento a mio agio. Gli uomini mi piacciono, la loro semplicità mi affascina, mi diverte, tanto quanto molte donne mi annoiano.
Contro voglia, devo ammettere che non sono rare le occasioni in cui, osservando alcuni amici, mi chiedo come facciano, a sopportare certe donne che si mettono al fianco. Eppure.
E' innegabile che questi anni di tempo condiviso con il “sesso forte” (parlo degli uomini) mi ha inevitabilmente dato un vantaggio, mettendomi a conoscenza del fatto che, dal punto di vista puramente maschile, sono le donne ad essere semplici, e non il contrario. Talmente semplici che è addirittura possibile identificare alcune categorie di appartenenza. A quanto pare, per esempio, le donne si possono distinguere dalla dimensione della borsa (piccola – ben predisposta, grande – meglio lasciare perdere) e dalla tipologia di scarpe che indossa (con i tacchi – ben predisposta, basse – sicura di sé = puro suicidio). Beh, evito di prendere in esame le “ballerine” perché a questo punto so che dovrei essere volgare…
Ma non è finita. Per le menti maschili più raffinate, esiste un’ulteriore scomposizione della struttura femminile: la donna “essere” (piuttosto facile, basta farle credere di pensarla come lei), quella “avere” (ancora più facile, perché è sufficiente “comprarla”) e quindi la donna “alla pari” (quella che sai che può renderti felice, dove puoi anche avere la tentazione di metterci il cuore, ma poi ti rendi conto che è più facile avere le altre due).
E’ vero, dagli uomini ho imparato che gli uomini sono piatti semplici, che le donne, per natura, condiscono a loro piacimento. 
D’altronde, Darwin ce l’aveva già spiegato tempo fa, e con tanto di prove scientifiche. Certo la storia non è cambiata e, come sostiene il mio recente amico Silvio Lenares, tutt’ora gli uomini “distribuiscono” mentre le donne “selezionano”.
Rimane il fatto che, nel mio caso, il vantaggio della consapevolezza è alquanto disarmante, sopratutto di fronte alla considerazione che per ciò che riguarda la mia “categoria” vivrei in jeans e all star, mi piacciono le borse grandi ma vuote e sono in grado di usare un trapano al pari di un carpentiere.
Nonostante ciò, riconosco un limite al mio essere uomo. 
Certo è innegabile che sono cresciuta e preferisco, in linea di massima e con eccezioni femminili meravigliose, la compagnia degli uomini. 
Però di quelli veri.
Perché da loro ho imparato che le donne parlano e gli uomini agiscono.
In questo momento, i piedi su questa doppia visione di me stessa, penso che sono una donna, forse con un carattere forte al pari di un uomo, ma sempre irrimediabilmente selettiva.
Sono una donna.
E non ho più voglia di cercare di comprendere la fragilità di certi uomini.
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71.

5 marzo 2012 – Insana Academy - via San Marco, Milano – con Eddy Cattaneo.










In questo momento, i piedi sulla visione del mondo, penso che sono felice di essere viva, e di avere la possibilità di sentire tutte le emozioni di questo momento incredibile.
Per chi ci crede, posso dire che mi trovo qui per puro caso.
Ho conosciuto Paolo Spada, l’organizzatore di questa serata nonché presidente di Insana Academy, su Facebook, più o meno una settimana fa. Gli ho mandato la richiesta d’amicizia perché, come ultimamente e spesso accade, mi piace lasciarmi guidare da quei segni che colpiscono la mia attenzione, a volte in modo del tutto, e apparentemente, insensato. Nel suo caso è stata la sua immagine del profilo: la foto di lui ripreso di spalle, affacciato a una finestra che, guardando bene, è in realtà la cornice di un varco aperto di una casa in rovina. Tra le altre foto ho trovato una “foto di piedi” e un primo piano che mi ha ricordato in modo disarmante il volto di una persona che non vedo da, più o meno, 10 anni, anche se ancora ci scriviamo, a distanza: Cagio (ma questa è un’altra storia).
Sta di fatto che il giorno stesso in cui Paolo Spada ha accettato la mia richiesta d’amicizia, ho notato che nella sede di Insana Academy era previsto un incontro dal tema “Il giro del mondo via terra vs il giro del mondo via twitter e facebook”, dove sarebbe stato presentato il libro “Mondo via terra” di Eddy Cattaneo, personaggio a me sconosciuto, fino a questo momento.
Mi sono iscritta all’istante.
Ed eccomi qui. Appena preso posto nella sala intima di questo luogo d'incontri, costellata da una quarantina di sedie rosse e molte persone, ho riconosciuto il volto di Paolo Spada. Ci siamo guardati un attimo e in un unico gesto ci siamo salutati, e mentre mi alzavo allungando la mano per presentarmi lui mi ha abbracciata, baciandomi poi sulla fronte.
Con addosso questo gesto traboccante di gentilezza mi sono riseduta per ascoltare il racconto dell’autore del libro.
Non mi stupisce certo che Eddy Cattaneo non avesse previsto affatto di scriverlo, il libro è stata una conseguenza, del caso. Ciò che aveva pensato era semplicemente di partire per un viaggio, tracciare una linea sul mondo e seguirla, senza mai staccare i suoi piedi da terra. Niente aerei, ma solo piedi, occhi, cuore e un unico paio di scarpe comode, testimonianza di un percorso che adesso sa di aver compiuto. E’ partito da casa, a Bergamo, ed è lì che ha fatto ritorno, 108.000 km e 467 giorni dopo.
E mentre ascoltavo le sue parole, mentre la sua mano univa le linee di quel viaggio sulla mappa del mondo, non potevo far altro che pensare che quell’uomo aveva attraversato il mondo per scoprire ciò che aveva dentro di sé, mentre io sto camminando dentro di me per scoprire il mondo.
Quasi buffo pensare che, al suo ritorno, è stato chiamato a partecipare a una trasmissione televisiva e in quell’occasione ha rincontrato la sua compagna di banco delle medie, nonché sua attuale compagna di vita.
In questo momento, i piedi sulla visione del mondo, penso che non è un caso se mi trovo qui, perché niente lo è.
Per sfidare il destino ho volutamente evitato di leggere la dedica scritta sul suo libro fino a questo momento.
Lo faccio ora.
“Ad Arianna, sperando di farti viaggiare anche da ferma. Buona strada.”
Grazie.
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70.

5 marzo 2012 – casa, Milano.








In questo momento, i piedi appoggiati a terra e i pensieri nel vento, penso soltanto che sono ancora viva e non è certo una banalità.
Non lo è, perché questa mattina mi sono svegliata con un senso di soffocamento e portandomi le mani alla gola mi sono accorta che durante la notte mi ero attorcigliata il filo dell’auricolare intorno al collo.
Se me ne fossi andata così, con questa canzone in loop fino al cedere delle batterie, probabilmente non me lo sarei mai perdonata.
Non tanto per la scelta musicale, ma più che altro perché non si è ancora chiuso il cerchio.
Da un po’, infatti, ho la sensazione che il senso di questi passi si stia esaurendo e che un cerchio importante della mia vita sia prossimo a chiudersi.
Non penso certo di morire dopo di allora, anzi, credo che tutto ciò che sto imparando adesso sia l’anticamera di una coscienza del vivere che ho sempre ricercato.
Mi sento ancora confusa e impreparata davanti a certe prospettive, ma sono anche convinta che tutto ciò che ho scoperto lungo questo percorso non è stato un caso, ma al contrario necessario per prepararmi a fare quell’unico passo che nella sua unicità può dare un senso compiuto al tutto, e chiudere un cerchio.
Senza saperne spiegare il motivo, sento che quel momento è vicino, lo avverto, ho la percezione del suo venirmi incontro, tanto che mi basta voltare indietro lo sguardo per riconoscerlo insinuato tra le righe di questi passi, fin dall’inizio.
Quel senso c’è sempre stato, immobile e paziente, in attesa che io facessi tutti i passi necessari per arrivare a lui.
E adesso lo intravedo, nel labirinto di tutte le considerazioni che mi hanno portata qui, aggrappato al filo di un amore capace di sopravvivere alle decisioni della mia mente.
In questo momento, i piedi appoggiati a terra e i pensieri nel vento, sento che essere vivi non è mai banale e il senso di questi passi si sta esaurendo.
Al suo posto c'è soltanto la voglia di lasciarmi semplicemente vivere.
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69.

3 marzo 2012 – Parco delle Basiliche, Milano - con Lucio Dalla.








In questo momento, i piedi rilassati su un pensiero, mentre ascolto le parole di questa canzone entrarmi nelle orecchie per diffondersi al cuore e farlo battere più forte, mentre chiudo l’ultima pagina di un libro che ha amplificato il mio sentire nella conferma ormai scontata che niente è per caso, mentre questo sole caldo di marzo riscalda il mio viso e i sorrisi della gente seduta sul prato intorno a me, sento che si sta per chiudere un cerchio.
Sdraiata qui, la testa appoggiata sul sellino della bici e la mente un po’ più in là, sorrido, perché adesso riesco a riconoscere un senso per quello che mi succede, che va al di là di tutto ciò che posso soltanto vedere.
E così, senza più affanno me ne sto ferma qui, ascoltando questo vento lieve passarmi attraverso e sparpagliare ogni mio pensiero, pensando che nel momento in cui troviamo il coraggio di lasciarci vivere dalle nostre emozioni, nel momento in cui le accettiamo e accettiamo il fatto che possiamo continuare a dare amore a qualcuno nonostante un’altra persona stia entrando nella nostra vita chiedendoci altrettanto amore, siamo davvero liberi.
Liberi di essere, senza possibilità di errore.
In questo momento, i piedi rilassati su un pensiero, scelgo di ascoltare quello che sento e vivere tutto l’amore che si presenta sui miei passi, che sia per un giorno o per il resto del tempo che mi rimane.

Grazie Lucio, il 69 era il tuo numero e in questo momento so il perché ti sto ascoltando adesso.
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68.

27 febbraio 2012 – via Olmetto, Milano.











In questo momento, i piedi su un segno che diventa sempre più evidente ad ogni passo, mi fermo ad ascoltare questo vento che mi colpisce come una spinta, mi attraversa in un soffio e rapisce i miei pensieri portandoli altrove.
E mentre lo percepisco alimentare le braci di un sentimento che a tratti ancora divampa senza apparente ragione se non quella del cuore, rimango qui, arrendevole davanti al suo invadermi e inamovibile davanti alla consapevolezza che ogni pensiero che nasce in me è percepito nello spazio intorno e disseminato dal vento, diventando parte di tutto ciò che mi circonda.
Il vento raccoglie i pensieri e li mette in circolo nello spazio tra tutti noi.
E così, in questo momento, dove lo sguardo coglie soltanto la cavità di un solco, chiudo gli occhi per ascoltare il mio cuore e mentre il vento mi colpisce come una spinta, mi attraversa in un soffio e scruta indomito tra i miei pensieri in cerca di una rinuncia, respiro forte quest'alito d'infinito fino a sentire che a questo vento posso affidare l’unico pensiero che può trovare e portare con sé, altrove.
L'amore che sento.
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67.

26 febbraio 2012 – via Broletto, Milano – con Gabriele Poli e Federica Salvatori Franchi.








In questo momento, i piedi su quello che è diventato il simbolo della volontà di condividere le proprie emozioni, abbagliati da un sole inusuale di febbraio e tenuti in equilibrio dai passi di una vita, mentre il vento sparpaglia i nostri pensieri portandoli al centro del nostro sentire e altrove, penso al senso del cambiamento.
Penso a ciò che siamo e siamo diventati, qui e ora.
E nell’addentrarmi con lo sguardo nel presente vedo tre amici resi saldi dallo scorrere di un tempo che fa da cornice alla confidenza degli anni, così trasparenti nei loro reciproci atteggiamenti da potersi permettere di specchiarsi uno nell’altro e riconoscersi.
Questo momento è un attimo in continua evoluzione, perché contiene tutto ciò che abbiamo condiviso fino a oggi, compresi questi giorni di festa appena trascorsi, di musica a tutto volume, di balli fino al centro della notte, di travestimenti da carnevale, di pigiami portati in giro per casa, di sorrisi nel riconoscere la poesia nelle piccole cose, di pensieri in circolo, così come tutto ciò che ci fa essere ciò che siamo, adesso.
Questo presente è la somma delle esperienze che abbiamo condiviso, della nostra capacità di cambiare e delle emozioni evocate dai nostri pensieri.
In questo momento, i piedi su quello che è diventato il simbolo della volontà di condividere le proprie emozioni, mentre il vento sparpaglia i nostri pensieri portandoli al centro del nostro sentire e altrove, sono consapevole che avere degli amici così è un ottimo motivo per essere felice nel presente.
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66.

17 febbraio 2012 – Corralejo, Fuerteventura – con Marco.










In questo momento, i piedi su una linea che si proietta nell’illusione di un salto, penso che niente è per caso.
Non lo è, come questo straniero sui miei passi, che mi saluta con lo sguardo composto di chi s’incontra nuovamente in un luogo abitato da mille anime, ma non vuole meravigliarsi più di nulla. Questo straniero, che mi solleva porgendomi la mano e mi segue oltre, annullando per un attimo lo spazio tra noi. E mentre sono immersa in questa marea di persone che parlano, bevono, ballano e si spostano intorno a noi come mosse dai flutti dalla corrente, scelgo di seguire la scia dei miei pensieri e faccio un passo, questo passo, tra tutti quelli possibili.
E anche se tutto intorno ruota, si avvita, se ne va, con i piedi su quest’isola di dune e rocce, di onde e vento, scelgo di condividere, nello spazio tra noi, la convinzione che questo momento contenga il senso per cui mi trovo qui.
Scelgo di essere consapevole del fatto che ogni persona è un’occasione, per sentire e per capire, che esiste un momento dove è possibile fare un passo nel futuro, o rimanere stranieri per sempre nel passato.
E mentre lui afferma di non volere sapere niente di me, ma si ricorda ogni parola detta giorni fa, mentre ricorda a entrambi che domani devo partire, come se questo fosse tutto ciò che c’è da sapere, sento solo che non ho niente da spiegare, perché se è sulla strada giusta capirà.
E così, nello spazio tra noi lascio il silenzio di ciò che lui non sa, perché in questo momento, i piedi su una linea che si proietta nell’illusione di un salto, sento solo che sarei disposta a rimanere.
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65.

17 febbraio 2012 - Corralejo, Fuerteventura. 








In questo momento, i piedi che cercano di nascondersi da un pensiero che mi abbaglia pungendomi l’anima, mentre l’assenza di vento mi porta la voce del silenzio, mi fermo ad ascoltare un sussurro del cuore. 
E resto qui, immobile su questa terra di luce e ombra, a chiedermi se esiste una via d’uscita di fronte a un sentimento che continua a parlarmi sottovoce mentre tutto intorno tace. 
E resto qui, improvvisamente stanata dal suo braccarmi, senza poterlo negare né respingere, senza interrompere il suo fluire, mentre prende lentamente coscienza il rischio che sto correndo, e l’incoscienza di dare voce a un sussurro. 
E resto qui, immobile in quest’attimo di presente, confusa tra il difendere quello che sento e l’idea che solo l’amore può soffiare così forte da spegnere le fiamme che bruciano una mente. 
In questo momento, i piedi all’ombra di un pensiero che mi abbaglia pungendomi l’anima, mi fermo ad ascoltare la voce del mio cuore riempire il silenzio. 
E diventare vento. 
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64.

16 febbraio 2012 – Corralejo, Fuerteventura – con Lorenzo Franco (Cookie) e Lorenzo di Monte (Lollo).









In questo momento, i piedi immersi nell’acqua gelida della notte, contenuta nella piscina davanti a quella che da un po’ di giorni chiamo “casa”, penso che questo sia uno di quei momenti difficili da descrivere, perché contiene il tutto.
Buffo pensare che quest’attimo di eterno non doveva nemmeno esistere… e che i miei piani prevedevano che fossi a Milano, in questo momento.
So che il mio amico Paolo Armenise non vuole sentirmelo dire, ma è più forte di me e lui certo mi perdonerà se affermo che questo è ciò che intendo quando dico che programmare il futuro è puramente illusorio…
Lo è, perché invece di scrivere cercando di immobilizzare chissà quali pensieri sul divano di casa come era previsto, sono ancora su quest’isola di dune e vento, qualche livido ma felice che lo sliding doors della vita mi abbia portata a condividere questo momento con due amici fantastici.
Quest’attimo è una magia del presente che contiene, come in un sunto, tutti i pensieri del passato. Contiene la somma del tempo trascorso insieme, il modellarsi di ciò che siamo e siamo felici di condividere. Contiene tutte le nostre risate, passate e presenti, come adesso, mentre il Cookie che nonostante il mal di pancia è qui con i piedi a mollo nell’acqua gelida continuando a imprecare come un turco, sentenziando: “da piscina a scioltina”… contiene tutti i gesti di Lollo, che traduce ogni parola in una carezza del pensiero e che mi conferma continuamente quanto scegliere di condividere i nostri sentimenti più intimi sia un atto di grande coraggio. Contiene il fatto che lui quel coraggio ce l’ha.
Io non so dove sarò domani, e tanto meno quali saranno i miei pensieri. So soltanto che adesso provo un amore immenso e sono convinta che loro lo sentano, nello spazio tra noi (+).
In questo momento, i piedi immersi nell’acqua gelida della piscina davanti a quella che da un po’ di giorni chiamo “casa”, sono consapevole che adesso posso solo prestare attenzione a quello che sento e imparare così a convivere con l’idea che le emozioni sono un attimo di presente, in evoluzione nel futuro.
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63.

14 febbraio 2012 – Corralejo, Fuerteventura.









In questo momento, i piedi sul presente, mi piace pensare di regalare questo passo a qualcuno che sta facendo un viaggio.
Il più emozionante che ci sia.
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62.

13 febbraio 2012 – Cotillo, Fuerteventura – con Abbe.








In questo momento, i piedi tenuti in equilibrio da un abbraccio che mi ha stretta infinite volte, in piedi su questo microcosmo abitato da ironia, penso che la vita è fantastica, e del tutto imprevedibile.
Lo è, come ritrovare qualcuno che ha significato così tanto nella mia vita che il solo sentire pronunciare il suo nome, ieri sera, durante il racconto di un amico di amici durante una grigliata che si è trasformata all’ultimo in una pasta con piselli perché il supermercato era chiuso e ci siamo arrangiati con quello che c’era in casa, ha saziato improvvisamente il mio cuore.
Abbe.
Mi rendo conto che non si è mai preparati abbastanza davanti alla sorpresa di rivedere una persona che è lo specchio di ciò che siamo stati e poi diventati, soprattutto se nel trascurare i segni del tempo che possiamo vedere, riconosciamo una parte immutabile, riflessa in noi.
E così, per caso, su quest’isola dove lo sguardo alterna dune di sabbia, frammenti di lava a onde oceaniche e tavole da surf, ritrovo lo sguardo del passato, infinito nella sua impossibilità di districarsi dai miei ricordi.
Ritrovo gli anni assolati delle estati a Vieste, le sere sugli scogli a parlare e suonare, le notti stellate sopra di noi, senza sperare e senza cadere, mai, perché non poteva esistere desiderio più grande dell’amore di due amici.
In questo momento, tenuta in equilibrio da questo abbraccio che mi ha stretta infinite volte, ritrovo un amore che mi ricorda chi voglio essere.
Grazie Abbe.
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