1.

2000 - Hyde Park, London (UK) 






Nell’aprire gli occhi, vedo soltanto ciuffi d’erba, un caffè e, più in là, mio marito. 
Di colpo, sento un vento caldo e insistente scivolarmi addosso e proseguire oltre, lasciandomi sul prato senza energia. 
Ferma qui, cerco di concentrarmi, affinché il vento si porti via anche questo senso ormai familiare di smarrimento e sconforto che mi sento addosso, come se avessi sbagliato il momento o il posto, come se fossi arrivata troppo lontano per ritornare. Ma il vento insiste e finisco per immaginare come sarebbe la mia vita se non fossi mai partita, con quali occhi guarderei l’altra me che è rimasta a casa, lontano. Trasportata dal momento, riesco perfino a immaginare una situazione quotidiana che faccia da sfondo a tutto ciò che potrebbe essere e non è, come se al posto di questo vento caldo potessi davvero sentire la calma del primo mattino e l’eco dei miei passi chissà per dove. 
Con la testa nel vento, sembra che ogni cosa percepita si porti dietro il suo opposto. 
Chiudo gli occhi, perché capisco che ogni passo è una scelta, un susseguirsi inarrestabile di scelte che potrebbero spingermi a scattare in piedi e fuggire, oppure rimanere ferma a terra aspettando che il vento mi porti via. 
Ed ho improvvisamente paura, paura di non avere il coraggio per niente e che sia tardi per qualsiasi cosa. Paura che ogni decisione presa in questo momento sia soltanto un volo ad ali chiuse in cieli incerti.


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