46.

16 dicembre 2011 – 4cento, Milano - con T.R.





In questo momento, non so cosa pensare di questo passo.
E’ la seconda volta che questa persona si trova a farne parte, ma non riesco ancora a trovare un appiglio per il significato che assume, per lui, il fatto di entrare nella vita di qualcuno, e in particolare nella mia.  
Quest’uomo, non c’è dubbio, ha il potere di confondermi.
Nel guardarlo da fuori, con quel suo modo d’invadere la conversazione, quel rapimento brado nel seguire il profilo di una donna, vedo soltanto una persona che entra in questo percorso con un piede di traverso, pronto a bloccare il passaggio.
Non posso negare che nella concretezza della sua persona è presente, ma potrebbe essere tranquillamente altrove con tutto il resto.
E a volte, in modo del tutto disarmante.
Eppure, se presto attenzione a ciò che mi trasmette la sua presenza, a quel suo modo di essere distratto per rimanere concentrato su ogni dettaglio, al filo sottile che trasforma il linguaggio in una versione comica dei suoi pensieri, alla sua capacità di cogliere la poesia intorno a sé e a quel potenziale di amore che si divincola dal suo controllo per placarsi un attimo dopo, ne rimango affascinata.
Non c’è dubbio che esiste qualcosa, in questa persona, che mi spinge a insinuare lo sguardo, per non rinunciare all’idea di riuscire a farlo sorridere di se stesso, e salvarlo. Salvarlo da quell’aridità con cui chiama il suo cuore.
Questo passo, dove il buio sembra celare la metà di ognuno di noi, rimane sospeso tra il clik di una fotografia di piedi e il senso di condividere un pensiero, in attesa di capire se è davvero disposto a fare un passo.
E scoprire così che, forse, può essere lui a salvare me.
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