51.

29 dicembre 2011 – Playa de Cotillo, Fuerteventura, Canarie.










In questo momento, i piedi trattenuti da una sabbia che ripara dal vento e attirati da un oceano che invade e travolge, ascolto questa sensazione ancora indefinita dentro di me, come un’onda che s’infrange nella sua stessa essenza, che s’innalza, pur restando sempre acqua e vento.
Ancora in bilico tra ciò che mi ha portata qui e l’essere che sono adesso, mi areno, come se dentro questo moto di pensieri, continuassi a ondeggiare tra un dolore che finalmente sembra adagiarsi sul fondale della mia mente e un sentimento che attira il mio cuore in superficie a respirare.
In bilico, come su un passo, che ancora non so fare.
Guardo l’oceano immenso davanti a me e ho paura di ammettere che non riesco ancora ad accettare fino in fondo l’idea che il bene è una continua scelta, a dispetto di tutto, e che l’amore può attirare davvero solo altro amore.
Davanti a tutto questo, rimango immobile, cercando un equilibrio dentro di me, tra la follia, nel riconoscere un sentimento per un uomo che non conosco e che rimane sempre a un passo, e la follia di ammettere che se tutto questo è vero, se tutte queste persone non sono arrivate nella mia vita per caso, allora quello che sento è l’unica emozione che vale la pena ascoltare, e che tutto sarà il meglio di ciò che può essere, comunque sia.
In questo momento, i piedi trattenuti da una sabbia che ripara dal vento e attirati da un oceano che invade e travolge, rimango immobile, cercando un equilibrio dentro di me.
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50.

25 dicembre 2011 – Natale - Cotillo, Fuerteventura – con Cookie, Lollo, Erica e Gili.














In questo momento, i piedi sulla sabbia di un deserto fatto da mille pensieri custoditi sotto piccoli accumuli di pietre, guardo intorno a me, e mentre cerco di dare un senso a tutta questa meraviglia, mi perdo.
Da un lato, una distesa di roccia nera oscurata da un sole in controluce e alla fine di questo mare di notte, la sagoma dei vulcani in lontananza… se volto lo sguardo, una sabbia luminosa, che s’insinua delicatamente tra rocce color pece sempre più fitte e ancora oltre, l’oceano, la somma di tutti i mari, reso più immenso dal rincorrersi di onde lunghe…
Davanti a tutto questo, sento la mia mente cedere.
E mi perdo.
Per un momento ho paura, paura che tutto questo amore che continua a entrare nella mia vita senza chiedere, sia solo l’illusione di un attimo.
Ho paura che questo spettacolo della natura e della vita, sia solo una deviazione della mia mente, un sentire che si distacca dalla realtà, per distrarmi dalla realtà.
Ho paura che questo amore che sento, non sia capito, e che nell’essere me stessa, io che invado e travolgo, finisca davvero per spaventare le persone.
Poi, in mezzo a tutto questo, in questo luogo fatto di sabbia, onde e vento, di sole che appare all’improvviso e all’improvviso riscalda, abbasso lo sguardo, dal cielo alla sabbia… e rimango senza parole davanti al cerchio di questi piedi, perfetto nell’individualità di ognuno e commovente nella consapevolezza del significato di tutto questo, e nell'accettare che ormai non riesco a guardare il mondo in nessun altro modo, vedo solo poesia.
Qui, nel ritrovarmi in questo cerchio di persone fantastiche capisco, una volta ancora, che non serve a nulla spiegare, non è compito mio convincere qualcuno a fare parte di questi passi.
Siamo tutti esseri liberi di scegliere in che direzione vogliamo andare e soprattutto, cosa siamo disposti a sentire.
E io, posso comunicare soltanto con chi è disposto a farlo.
In questo momento, nel perdermi in questo paradiso costruito tra cielo e sabbia, ritrovo l’essenza di ogni passo.
Non m'interessa altro, perché in questo cerchio di piedi vedo solo l’amore di tante persone.
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49.

22 dicembre 2011 – Orio al Serio, Bergamo - con T.R. 










In questo momento, i piedi che sfiorano terra prima di innalzarmi in volo, sento uno strano senso di mancanza per quest’uomo che vaga intorno alla mia vita con lo smarrimento di un bambino, di chi sembra aver corso per troppo tempo e adesso si ritrova davanti ai miei passi senza fiato.
In questo momento, in cui ogni emozione percepita passa dal cuore al pensiero senza pudore, devo ammettere che quest’uomo mi lascia senza parole.
E davanti a tutto questo, mi riscopro sorpresa.
Sorpresa e disarmata.
Non conosco difese davanti a quella sua supponenza nel rispondere, per evitare di chiedere, così come non ho resistenze davanti al suo modo di farmi ridere raccontandomi la tragedia della vita, alla familiarità della sua presenza e alla dolcezza che accompagna il suo insegnarmi cose che non so.
In mezzo a tutto questo, ogni tanto lo guardo, lo osservo mentre si affanna nel prendere le distanze da un pensiero, e ogni volta mi commuovo per quella sua capacità un po’ addomesticata nel tenere assopita la voglia di ammettere che non è necessario arrivare allo stremo per sentire il proprio cuore battere.
E mentre ogni suo silenzio sembra fagocitare la contemplazione di una delusione ad alta voce, mentre nello stesso affanno rimane senza fiato, sento che la sua capacità d’amare ha dato respiro al mio cuore.
In questo momento, i piedi che sfiorano terra prima di innalzarmi in volo, vorrei solo potergli dire che lui è qui con me e che è facile sentire il proprio cuore.
Basta smettere di correre.
E fare un passo.
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48.


19 dicembre 2011 – Santa Marinella, Roma - con Paolo Stella, Marina Rocco e Anita Kravos. 






In questo momento, i piedi che sfiorano il mare per ancorare il pensiero all’idea che solo il cuore è in grado di contenere tutta questa bellezza di fronte a me, sono felice di condividere questo passo con persone capaci di dare un senso così intenso alla vita e all’amore.
E a mia volta, mentre lo sguardo si perde nell’inseguire un orizzonte che sembra tracciare una linea netta tra cielo e mare, riesco a guardare oltre… là, dove mi è facile scoprire di non essere mai riuscita a vedere così lontano… tanto da trovare, dentro di me, il potere di un’emozione così sconfinata da attirare a sé ogni altro pensiero.
Voglio ricordarmi di questo momento, in ogni suo dettaglio, i piedi che sfiorano il mare e queste persone di fianco a me, perché sono consapevole che dopo questo passo non sarò mai più la stessa di prima.
Questo giorno mi ha cambiata, profondamente.
Lo sento dentro di me, e lo vedo negli occhi delle persone che incontro lungo questo affascinante percorso… l’amore, che fino a poco tempo fa consideravo esistere in modo esclusivo tra due persone, adesso è condivisibile con molti.
Perché quel sentimento che non possiamo vedere, che spesso pensiamo di provare per una persona soltanto, non è più qualcosa che sento arrivarmi da fuori, ma riconosco dentro ognuno di noi, e adesso, sono consapevole che possiamo scoprirlo solo attraverso la condivisione di ciò che siamo con altre persone.
Oggi ho capito che l’amore è riuscire a guardare dentro di sé, per trovare l’infinito oltre la linea dell’orizzonte.
In questo momento, mentre i piedi cercano di non scivolare sulle rocce rese vischiose dal sali e scendi del mare, sento di non essere mai stata così salda.
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47.

17 dicembre 2011 – Orio al Serio, Bergamo - con Lorenzo Franco.





Ce ne stiamo seduti qui un momento, sul marciapiede del parcheggio dell’aeroporto, prima che lui parta per Fuerteventura.
Abbiamo già fatto il check-in, imbarcato il bagaglio con i suoi vestiti sportivi e le sue cremine antirughe (lo so che ci sono) e un enorme siluro con dentro le sue inseparabili tavole da surf.
Rimane solo il coraggio di lasciare qui tutto ciò che è stato, e partire.
Portare con sé la voglia di volare, alto.
Su di noi un sole caldo, quasi abbagliante, quasi invitante e, dentro di me, il conforto di sapere che lo raggiungerò tra qualche giorno, anche se questo non cambia minimamente il senso di distacco che provo ogni volta che mi separo da lui.
Nella felicità di sapere che questo viaggio è l’unica strada che può rendere felice lui, provo comunque una piccola fitta, una lacrima che scende fino alle labbra, fino a questo sorriso che gli dedico, nell’assoluta certezza che non ce l’avrei fatta, non sarei mai arrivata a questo punto, se lui non mi fosse stato accanto in questo percorso.
La sua presenza, anche a distanza, è quell’energia che chiamo “+”, noi.
In questo momento, seduta qui, al fianco di quest’uomo straordinario e al suo coraggio nel pretendere dalla vita la passione per la vita, mi rendo conto una volta ancora di quanto l’amore per un’altra persona abbia il potere di renderci migliori.
Grazie Cookie, fai buon viaggio, io arrivo presto.
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46.

16 dicembre 2011 – 4cento, Milano - con T.R.





In questo momento, non so cosa pensare di questo passo.
E’ la seconda volta che questa persona si trova a farne parte, ma non riesco ancora a trovare un appiglio per il significato che assume, per lui, il fatto di entrare nella vita di qualcuno, e in particolare nella mia.  
Quest’uomo, non c’è dubbio, ha il potere di confondermi.
Nel guardarlo da fuori, con quel suo modo d’invadere la conversazione, quel rapimento brado nel seguire il profilo di una donna, vedo soltanto una persona che entra in questo percorso con un piede di traverso, pronto a bloccare il passaggio.
Non posso negare che nella concretezza della sua persona è presente, ma potrebbe essere tranquillamente altrove con tutto il resto.
E a volte, in modo del tutto disarmante.
Eppure, se presto attenzione a ciò che mi trasmette la sua presenza, a quel suo modo di essere distratto per rimanere concentrato su ogni dettaglio, al filo sottile che trasforma il linguaggio in una versione comica dei suoi pensieri, alla sua capacità di cogliere la poesia intorno a sé e a quel potenziale di amore che si divincola dal suo controllo per placarsi un attimo dopo, ne rimango affascinata.
Non c’è dubbio che esiste qualcosa, in questa persona, che mi spinge a insinuare lo sguardo, per non rinunciare all’idea di riuscire a farlo sorridere di se stesso, e salvarlo. Salvarlo da quell’aridità con cui chiama il suo cuore.
Questo passo, dove il buio sembra celare la metà di ognuno di noi, rimane sospeso tra il clik di una fotografia di piedi e il senso di condividere un pensiero, in attesa di capire se è davvero disposto a fare un passo.
E scoprire così che, forse, può essere lui a salvare me.
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45.

12 dicembre 2011 - Via S. Martino, Nova Milanese con Paolo Armenise.











Parlare con Paolo è sempre un’esperienza che mi devasta, mi scompone in piccoli pezzi, e poi m’illumina.
Una volta T. lo ha definito il “Dr House degli architetti” e penso che sia assolutamente azzeccato, perché con lui non possono esistere vie di mezzo, o lo ami o lo odi. E io lo amo, profondamente.
Ultimamente ci vediamo spesso, viene per cena e poi si ferma a dormire qui, il che si traduce nel parlare in modo compulsivo fino a notte inoltrata.
Paolo è il classico esempio di una persona entrata “per caso” nella mia vita, anni fa, con la quale è stato evidente da subito lo stesso percorso, gli stessi passi.
Io e lui, è indubbio, ci siamo “trovati”.
Da allora abbiamo condiviso un po’ tutto; lavoro, passioni, amicizia, felicità e dolore.
Lui è una di quelle persone che semplicemente so che c’è, sempre.
E non smetterò mai di ringraziarlo per questo.
Appena è entrato in casa ci siamo abbracciati, forte, e poi gli ho chiesto “Sei pronto? Stasera ti demolisco!”.
E come spesso accade, lui ha demolito me.
Stanotte non ho dormito e adesso, in questo momento, sto cercando di raccogliere i pensieri di quello che è stato un viaggio dentro la visione di un’altra persona. La visione di me, attraverso i suoi occhi, attraverso un’altra prospettiva.
Ecco perché questo è un passo a ritroso, nel tentativo di comprendere quello che c’è, il senso che mi è rimasto, dopo ieri sera.
Ieri sera abbiamo parlato del “+”, ovvero di quello che io definisco l’essenza della mia vita in questo momento: la condivisione.
Gli ho raccontato dell’amore e della pace che ho trovato in me e di come l’esternarlo a voce e a parole abbia attirato altro amore e altra pace intorno a me… gli ho raccontato del potere del condividere, di tutte le persone che sono arrivate sui miei passi e di come questo “sharing” di pensieri abbia, almeno per me, dato un significato totalmente diverso al senso di vivere… poi abbiamo parlato delle persone che fanno parte della mia vita da tempo, dei miei fantastici e irrinunciabili amici, tutti esseri umani dotati di una generosità d’animo (e di pazienza) al di fuori del comune, straordinari.
Loro sono, da tempo, la mia famiglia… mi basta pensarlo per scoppiare a piangere, ma non m’importa trattenere le lacrime, perché finalmente adesso so perché.
In questo momento, sono consapevole che sono diventata una persona profondamente diversa perché, in realtà, ho capito di essere sempre stata un -.
Forse, per le persone che mi conoscono da anni questo è evidente, non lo so.

Io ci sono arrivata solo adesso.

Mi sono sempre sentita sola, almeno da un certo punto della vita in poi.
E questo non ha nulla a che vedere con l’essere amata o con il numero delle persone che mi sono vicine, perché mentirei se non ammettessi che pochi hanno ricevuto tanto amore quanto ne ho ricevuto io.
Il fatto è che ero io la prima a non amare me.
Quello di cui sto parlando non c’entra con l’amore degli altri, ha a che fare con il bisogno di amare se stessi. Ed è tutta un’altra storia. 
Perché, come spesso accade, quello che ci manca lo cerchiamo al di fuori di noi…
Il mio bisogno di essere amata, che confermasse l’amore per me stessa, ha invaso ogni mia scelta, e mi ha spinta alla compensazione.
Perché, si sa, non possiamo certo pretendere dagli altri qualcosa che non possediamo per primi.
E così, lo specchio della mia vita, tutta l’indipendenza costruita, le persone che ne fanno parte, hanno definito i contorni di un’immagine di me che corrisponde, in apparenza, a quella di qualcuno che, per paradosso, non ha bisogno di niente e di nessuno.
In questo momento, i piedi sul senso della vera condivisione, è quasi buffo pensare che una delle definizioni che gli altri usano per descrivermi è che sono “forte”, una che sopravvive e reagisce, a tutto.
Nel vedermi da fuori, do l’impressione di essere una persona che si basta, che se la sa cavare da sola, comunque sia. 

Ebbene, niente di più falso. 

Anche il mio dolore per la perdita di una delle persone che ho amato di più in vita mia, ne è una conferma.
Non a caso, dentro di me, la cosa più difficile da accettare è stata proprio il fatto che se sentivo di aver amato lui più di ogni altra cosa, com’era possibile che se ne fosse andato?
Forse perché quello che gli ho trasmesso, lo specchio del mio essere, è stato che non avevo realmente bisogno di lui. Io sembravo bastarmi, comunque sia.

Ebbene, niente di più falso.

In questo momento, i piedi sul senso della vera condivisione, mi rendo conto che l’ho amato così tanto perché è una persona fantastica, ha reso la mia vita migliore e il dolore che provo quando penso a lui è qualcosa che mi rende fragile e non c’è modo di essere altrimenti.
E nello stesso modo so che il dolore passerà e che l’amore che c’è adesso nella mia vita, tutta questa pace che illumina i miei passi, nasce proprio dal fatto che ho imparato ad accettarlo, amare me per prima, con tutte le mie insicurezze, dolori, paure e entusiasmo per la vita e poi, nel coraggio di condividerlo con altre persone. 
Io sono un -, che nella condivisione di tutto questo diventa un +. 
Grazie Paolo.



44.

11 dicembre 2011 – casa, Milano. 






In questo momento, i piedi al centro di questa vita, penso al fatto che, ultimamente, mi capita spesso di parlare delle energie e del potere delle emozioni… parlo del sentire, e della magia che si crea quando i nostri pensieri riescono a connettersi ai pensieri di un’altra persona.
Lo paragono allo stato di pace della meditazione, per chi ne è capace.
Mi viene naturale, mi emoziona, come amare.
Lo faccio con chiunque capiti sui miei passi, a volte con perfetti sconosciuti.
Qualcuno mi guarda distratto, come se il non comprendere assolutamente ciò di cui sto parlando, lo annoiasse a morte.
Altri sono evidentemente a disagio, ma il senso d’educazione inculcata li spinge ad ascoltare in silenzio, per un tempo limite, e poi scappano.
Escono dalla mia vita in modo rapido e forse, definitivo.
A questo proposito, qualche giorno fa un amico mi ha detto che, facendo così, “spavento le persone”!
Questa frase mi ha fatto accartocciare dalle risate!
In realtà, penso che sia una cosa fantastica!
L’auto-eliminazione, la migliore esperienza che mi sia mai capitata.
Ho cercato di spiegargli che, in realtà, questo mi rende felice, perché non sto perdendo niente.
Siamo tutti esseri liberi di scegliere la nostra strada, liberi di sentire, respirare, o vivere in apnea.
Queste persone, che sfiorano i miei passi per cambiare drasticamente direzione, non m’interessano.
Non li sento come una perdita. Con loro non posso comunicare, e sono felice che escano dalla mia vita il più in fretta possibile.
Perché sono assolutamente consapevole che il mio tempo, quello di ognuno di noi, è limitato. Non voglio sprecarlo cercando di ottenere quello che le persone non possiedono.
In questo momento, i piedi al centro di questa vita, preferisco rimanere concentrata sugli altri, tutti quelli che hanno il coraggio di assumersi il rischio di vivere, che hanno fatto un salto sui miei passi e mi confermano, in ogni momento, che siamo sulla strada giusta.
Sharing love, astenersi perditempo (+).

43.

10 dicembre 2011 - Via Broletto, Milano









In questo momento, i piedi nella direzione di questo “sharing love” che sta illuminando la mia strada, mi fermo a pensare alle parole di mio padre, in una telefonata di qualche giorno fa.
Mi ha chiamata per dirmi di aver letto i miei “passi” e di essere preoccupato per me, esclamando “il tuo è stato un percorso nel dolore!”.
Sinceramente, non capisco cosa ci sia da meravigliarsi e tantomeno da temere… per me sarebbe preoccupante il contrario!
Come si fa a non provare dolore per la perdita di una persona che si ama?
Forse non è concesso a tutti il comprendere che il dolore e l’amore possono condividere lo stesso spazio, esistere con la stessa intensità, senza per questo annientare l'essere.
In realtà, mi rendo conto che molte persone sono terrorizzate dalla sofferenza e per questo difficilmente evolvono. Quando gli capita un fatto traumatico cercano disperatamente di distrarsi, di non pensare.
E vanno avanti così, con il cuore amputato.
A me, per fortuna, è capitato l’opposto.
Il dolore che ho provato è stato l’occasione migliore della mia vita per guardarmi dentro, ascoltarmi, correggere il tiro e scoprire così tutta la mia capacità di amare.
E, come per magia, ho potuto condividere questo amore con le persone capitate sui miei passi.
In fondo, non sono mai stata brava con le mezze misure.
E di certo l’amore, come il dolore, non è qualcosa che posso dosare.
Io invado e travolgo, nella stessa misura in cui mi lascio invadere e travolgere, ovvero in modo totalitario.
Non conosco altro metodo, anzi, è uno dei lati del mio carattere che apprezzo di più, perché mi dimostra che ho il coraggio di assumermi il rischio di vivere.
In questo momento, i piedi nella direzione di questo “sharing love” che sta illuminando la mia strada, mi fermo a contemplare la bellezza del sentire comune, percepire tutto l’amore che c’è, dentro di me e di riflesso, capace di emozionarmi per ogni abbraccio ricevuto, ogni parola, ogni sguardo, ogni passo condiviso.
In questo momento, mi fermo a pensare alle persone che fanno parte della mia vita da tempo e a quelle, tante, che ci sono entrate più di recente… tutti esseri umani fantastici, coraggiosi, che stimo profondamente.
La loro capacità d'amare mi ha salvata, mi ha contagiata, mi ha resa decisamente migliore.
E per ognuno di loro, per tutto questo amore che mi viene offerto senza chiedere, io non posso fare altro che sentire altro amore. Questa è la vera pace che è in me (+).


42.

9 dicembre 2011 – P.zza Sant’Alessandro, Milano







In questo momento, i piedi liberi di procedere oltre, tornano alla memoria bocconi di frasi masticate tempo fa… le parole di un homeless, a Londra, seduto sul lato della strada che stavo percorrendo a testa bassa, assorta… ha richiamato la mia attenzione con la sua voce… “Hey baby… smile!”.
Nello stesso modo rileggo con la mente il biglietto scritto (a mano) da Dante O. Benini, grande architetto e persona straordinaria… “Non si meravigli di essere brava, lo sia di fatto”… più che altro, non mi sorprendo del fatto che, a quel tempo, non avessi capito del tutto il significato di quella frase...
E’ straordinario come alcune persone ci sentono.
Di conseguenza, a quelli che mi chiedono come faccio, a essere sempre così felice, rispondo che semplicemente: ascolto le mie emozioni. E va bene così.
Forse si sentirebbero ingannati sapendo che, di tanto in tanto, ancora piango. Penso soltanto che sia difficile spiegare che questa stessa felicità, questa stessa pace dalla quale sono così attratti, deriva proprio dal dolore.
Io stessa, ne ho fatta di strada, per accettarlo.
Ogni tanto, c’è un momento, durante la giornata, in cui mi assalgono le lacrime. Capita in modo imprevisto e assolutamente invadente, come attraversare e essere travolti da un pirata della strada. E’ qualcosa che non ti aspetti, eppure accade, e quando accade, non c’è modo di sottrarsi.
Anche in questo momento, i piedi sicuri nel riconoscere la strada, sono consapevole che il dolore c’è, esiste, ma è anche il punto in cui si rigenera l’amore.
Ecco perché non mi sento di mentire a queste persone… il fatto è che non so spiegare a loro che il dolore non mi spaventa più. Lo accetto, lo lascio invadere i miei pensieri e accendere la memoria, là dove si spengono le resistenze e il senso di mancanza prende fuoco… e poi torno a essere felice, a pensare che se manca il sentire comune, non esiste nemmeno la perdita.
A queste persone è inutile spiegare che la mia pace, tutta la felicità percepita, deriva esattamente dall’aver capito che non sta a me spiegare, indicare la strada, a nessuno.
L’unica cosa che posso fare è mantenermi fedele alle emozioni che provo e lasciare il cuore aperto.
Questo è il vero segreto: accettare il fatto che non tutti sentono, non tutti possono capire e non tutti, soprattutto, vogliono condividere.
Ma quando qualcuno trova il coraggio per tutto questo, allora non esiste più confine al potere dell’amore.
Qualche giorno fa, Paolo Stella mi ha scritto qualcosa che condivido nel profondo: “non serve a nulla spiegare. Tu fai, sii lo specchio fuori di quello che sei dentro. Chi sarà sulla strada giusta capirà”.




41.

8 dicembre 2011 - Ka-kao, Milano





In questo momento, i piedi fermi sul pavimento iridescente di questo ristorante giapponese, mentre confesso a un amico che mi sembra di essere dentro a un film di Tarantino, guardo di fronte a me... e nello specchio vedo la ragazza giapponese che ci ha accolti all’ingresso farsi sempre più minuscola nella sua minutezza mentre arriva silenziosamente alle spalle del cuoco più anziano, il corpo vicino senza contatto, unito nella compostezza, le mani appoggiate lungo i fianchi, e poi una sopra all’altra sul davanti della divisa, la testa eretta e lo sguardo dritto davanti a sé, sussurrare qualcosa all’orecchio dell’uomo e poi abbassare il capo, in attesa di risposta. 
Guardo questa scena assurda davanti ai miei occhi, io con i piedi cementati al suolo e lo sguardo nello specchio, e non posso fare a meno di chiedermi come può una persona, un essere umano, fare questo a se stesso? 
Ho sempre pensato di essere fortunata, e in un certo qual modo sono assolutamente consapevole e grata di esserlo, ma nello stesso modo mi chiedo quale cultura, società, tradizione, affetto mancato, può essere la causa di una tale sottomissione ad un altro essere umano? 
Si possono educare le persone alla rinuncia? 
Personalmente, posso concepire che l’uomo possa sottomettersi alla fame e alla sopravvivenza di se stesso, ma non potrò mai capire che posto viene concesso alla felicità, da persone così. 
So che sono una persona fortunata, sotto tantissimi aspetti, ma in questo momento, i piedi cementati e lo sguardo nello specchio, so anche che, nella vita, l’essere vivi rimane sempre una scelta.

40.


4 dicembre 2011 – casa, con Paolo Stella, Milano







Il suo è un abbraccio di quelli che abbracciano tutto, niente escluso, è l’abbraccio che soltanto le persone che ami sanno dare. E ricevere.
Da quando ci siamo trovati, questa è la prima volta che ci vediamo, e anche se sappiamo poco uno dell’altro, di sicuro conosciamo l’essenziale.
Lui a Roma.
Io a Milano.
Non mi sono mai chiesta quando ci saremmo incontrati, ma ero assolutamente certa che sarebbe accaduto, e per lo stesso motivo, so che accadrà ancora molte volte.
Ed eccoci qui, a casa mia, a Milano.
Parliamo del senso delle emozioni che stiamo vivendo, e del significato di quello che ci è capitato.
Io ho perso una persona che amavo perché un giorno si è svegliata e se n’è andata dalla mia vita.
Lui ha perso una persona che amava perché una notte si è addormentata e non si è più svegliata nella vita.
Parliamo dei sogni, e del fatto che da un po’ non sogniamo più, o almeno non ce ne ricordiamo. Gli racconto che, in realtà, qualche giorno fa ho sognato che qualcuno mi porgeva un vaso con una piantina e che era lo stesso vaso e la medesima piantina che vedo lì, sul bordo finestra del terrazzo. Lui la guarda.
E’ un piccolo carrubo, nato da un seme piantato non ricordo esattamente quando, forse prima dell’estate. Non riesco a memorizzare il momento esatto, però so perfettamente da dove arriva quel seme… ci sono alberi bellissimi a casa di T., a Vieste.
Questa piantina è l’unica sopravvissuta all’accanimento di chi cerca di cancellare ogni traccia della presenza di un’altra persona. Perché così fa meno male.
Paolo Stella mi guarda e dice “lui è ancora qui”.
Lo so.
Mi chiede perché se n’è andato.
Non lo so.
Forse si sentiva in difetto, rispetto a quelle che sono le esperienze della mia vita. Forse non mi ha mai amata.
Davvero non so.
Mi chiede perché l’ho amato.
Perché era puro.
Ed è esattamente questo che, ancora, voglio amare in una persona.
Non m’interessa altro.
Parliamo della morte e soprattutto della vita, e del perché siamo qui.
Ridiamo.
Voglio fermare questo momento, per lasciare libera la mente, per questo incontro in attesa da tempo, da sempre, per quest’altro passo da fare insieme, che unisce i nostri pensieri nell’unica consapevolezza possibile, che è la scelta di condividere e difendere la medesima pace. In questo momento, i piedi illuminati da una luce che ci appartiene, siamo due anime in vita che condividono gli stessi passi. Ed è una sensazione fantastica.


39.

2 dicembre 2011 – Galleria Forma, Piazza Tito…Caro, Milano







Se la direzione è unica, allora posso solo scegliere di seguire la scia, lasciandomi trasportare da ciò che sento.
In questo momento, tra centinaia di fotografie di corpi che imprigionano la vista per liberare la mente, invito un’altra persona a fare parte di questo cammino, nella totale libertà di scelta di varcare il confine che ci separa oppure indietreggiare.
E’ questa la vera magia.
Perché se esiste la pace che attira altra pace, allora non può esistere errore, ma soltanto la scelta di ascoltarsi, seguire la corrente dei propri pensieri e metterli in connessione con tutto ciò che ci circonda.
In fondo, mi piace pensare che la comunicazione, che per propria natura è condivisione, forse salverà il mondo. 
Di certo, salverà molti di noi. 
In questo momento, tra centinaia di fotografie di corpi che imprigionano la vista per liberare la mente, mi limito ad ascoltare la sensazione che mi procura fare immergere questa persona nell’idea che ogni scelta è un passo inscindibile dai propri pensieri, qualunque cosa essi esprimano.



38.

29 novembre 2011 – P.zza Santa Maria Beltrade, Milano





 

In questo momento, i piedi in contro-senso, ho capito veramente il significato dello stare fermi.
In vero, pensavo di essere già arrivata a questo punto da tempo, ma adesso mi rendo conto che tutto il percorso fatto fino ad ora è stato solo un passo nella giusta direzione.
La vera consapevolezza è adesso, in questo momento. Io ho trovato la pace. Dentro di me.
Tra lo scompiglio dei miei pensieri, ho trovato questa luce immensa che si riflette su ogni cosa e genera altra luce.
E’ una sensazione che si espande al tutto.
In questo momento, i piedi in contro-senso, io sono luce. E ho capito che stare ferma non significa rimanere immobile, né tanto meno esitare sulla direzione da prendere, ma sentire che la pace che ho dentro non può che trovare altra pace. In questo modo, divento consapevole che esiste una sola strada.





37.

27 novembre 2011 – casa, Milano








Mi sorprendo un attimo, poi sorrido.
Non è poi così difficile capire come sono arrivata qui, intenta al salto.
In questo momento, mentre lascio libera la mente di accogliere questa felicità invadente, che mi tiene in equilibrio fino a sentire di espandere ogni singolo pensiero nella pace infinita che mi circonda, sono consapevole che ciò che ho imparato oggi farà parte di me per il resto della mia vita. Perché oggi è stato un giorno immenso, dove le coincidenze hanno smesso per sempre di essere tali e sono entrate a fare parte, in modo inamovibile, della scelta di vivere, a modo mio.
Oggi è un passo da fare sollevati da terra, un momento prima di saltare.
In equilibrio sul tutto, sorrido, perché mi sento pronta a questo salto, e perché questo momento ha il sapore della vita, la musica di "Hey Love" di Jason Mraz, i colori del buio e del verde e lo sguardo di una riga di parole “capisco che tutto non può che andare bene”.
Questo salto lo dedico a Paolo Stella.


 

36.

26 novembre 2011 – C.so San Marco, Milano






La vita è questione di passi.





 

35.

24 novembre 2011 – Via Statuto, Milano










In questo momento, ho paura della mia capacità di perdono.
Qui, mentre simulo il passo delle persone con le quali sto condividendo questo viaggio al centro della notte e sotto i piedi come migliaia di stelle, non voglio perdonare, non questa volta.
E proprio perché questo senso di tristezza mi dà la nausea, non voglio che svanisca, che il tempo lo renda più digeribile e mi lasci soltanto un ricordo insapore, neutro, accettabile.
Invece, voglio continuare ad assaporare tutta quest’amarezza, abbuffarmi di questo disgusto, per tenerlo stretto alla memoria e a tutti quei pensieri che ancora si affilano sulla parete della mia mente.
In questo momento, mentre dovrei affrettare il passo, mi fermo a pensare che non voglio dimenticare la leggerezza sfrontata, di chi continua a ferirmi senza guardarmi nemmeno negli occhi.
Qui, sotto i piedi come migliaia di stelle, vorrei solo trovare la forza per non dargli mai più questa possibilità.

34.

23 novembre 2011 – Via Torino, Milano










Senza dubbio, questo è uno di quei momenti che vale la pena ricordare, perché è la conferma inequivocabile del significato del mio essere, ovvero di chi crede fermamente nel valore del legame che rimane tra due persone che hanno condiviso un percorso di vita che le ha rese complici.
In quest’attimo d’immobilità, qui, mentre intorno mi sorpassano i passi di una folla compatta, ritrovo i pensieri allineati in un’unica direzione, la stessa che ha tracciato i limiti e gli slanci di un percorso che mette in riga tutte le convinzioni acquisite e le dissolve in un’unica linea retta.
In questo preciso momento sono felice, perché una delle persone più importanti della mia vita ha raggiunto i miei passi per camminare al mio fianco e accompagnarmi oltre.
E penso che non sia fondamentale la lunghezza del percorso, ma il solo desiderio di continuare a condividerlo.
In fondo, credo sia questa la magia del legame che rimane tra le persone care, e ci infonde l’energia necessaria per scegliere la direzione del proseguire.
In questo preciso momento, mentre intorno mi sorpassano i passi di una folla compatta, penso che nella vita valga sempre la pena fare un tentativo per mantenere un legame e che, alla fine, si escludono solo le persone per le quali non esiste più nessun desiderio di condividere.


33.

22 novembre 2011 – terrazzo, Milano.








Resto ipnotizzata qui, senza parole.
Dove mi hanno portata tutte le sensazioni che hanno illuso questo tempo? Eccole qui, accartocciate in un attimo, senza preavviso, togliendomi il fiato e qualsiasi scusa per dare ancora un senso a ciò che ormai ha perso il suo senso. Sono qui, una vita da rincorrere e un pensiero da lasciare libero di seguire il vento.


32.

22 novembre 2011 – Via Spadari, Milano










…ed ecco che ritorna il vento.
Ancorata a nuove consapevolezze, sento una volta ancora i miei pensieri librarsi nell’aria e rimanere sospesi in un vuoto che mi svuota, come una foglia caduta a terra che con il movimento dell’aria si alza e volteggia lontano.
E rimango qui, a fissare i miei pensieri che salgono e si allontanano senza appiglio, senza riuscire veramente a seguirne il moto.
E per un momento ancora, mi chiedo dove sto andando.