66.

17 febbraio 2012 – Corralejo, Fuerteventura – con Marco.










In questo momento, i piedi su una linea che si proietta nell’illusione di un salto, penso che niente è per caso.
Non lo è, come questo straniero sui miei passi, che mi saluta con lo sguardo composto di chi s’incontra nuovamente in un luogo abitato da mille anime, ma non vuole meravigliarsi più di nulla. Questo straniero, che mi solleva porgendomi la mano e mi segue oltre, annullando per un attimo lo spazio tra noi. E mentre sono immersa in questa marea di persone che parlano, bevono, ballano e si spostano intorno a noi come mosse dai flutti dalla corrente, scelgo di seguire la scia dei miei pensieri e faccio un passo, questo passo, tra tutti quelli possibili.
E anche se tutto intorno ruota, si avvita, se ne va, con i piedi su quest’isola di dune e rocce, di onde e vento, scelgo di condividere, nello spazio tra noi, la convinzione che questo momento contenga il senso per cui mi trovo qui.
Scelgo di essere consapevole del fatto che ogni persona è un’occasione, per sentire e per capire, che esiste un momento dove è possibile fare un passo nel futuro, o rimanere stranieri per sempre nel passato.
E mentre lui afferma di non volere sapere niente di me, ma si ricorda ogni parola detta giorni fa, mentre ricorda a entrambi che domani devo partire, come se questo fosse tutto ciò che c’è da sapere, sento solo che non ho niente da spiegare, perché se è sulla strada giusta capirà.
E così, nello spazio tra noi lascio il silenzio di ciò che lui non sa, perché in questo momento, i piedi su una linea che si proietta nell’illusione di un salto, sento solo che sarei disposta a rimanere.
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