58.

24 gennaio 2012 – Parco delle Basiliche, Milano.








In questo momento, i piedi in bilico sui raggi di un sole che mi sussurra primavera, mi fermo, in cerca di equilibrio.
Senza motivo apparente, per caso, mi torna alla mente una frase della madre di un’amica, pronunciata tempo fa: “L’equilibrio non è qualcosa che acquisisci per sempre. Lo devi ricercare ogni giorno”.
Ecco, lo capisco adesso.
Questo passo era nell’aria, da giorni… continuavo a inseguirlo come un soffio di malessere che non riuscivo a identificare con chiarezza, a capire esattamente da dove provenisse, anche se potevo sentire la sua presenza con una precisione pungente.
Fino a quando, ieri sera, ho sentito i miei passi barcollare, senza afferrarne il senso. E ho pianto.
Un attimo improvviso che mi ha vinta, così, spinto fuori da qualche parte, dentro di me.
Ieri sono tornata a casa tardi, dopo un tour fuori AreaC durato 48 ore.
Prima tappa Bologna. Una città dove ho vissuto per anni e dalla quale sono scappata, anni fa. Ci sono tornata per un saluto a tante persone care e per una cena con gli amici di una vita, mille racconti e il benessere assoluto dato dalla confidenza di poter essere complici.
Presente, una piccola mancanza alla quale non riuscivo ancora a dare un nome.
Nel mentre, un post di Paolo Stella che mi toglie, come spesso accade, le parole dalla testa.
Il giorno dopo, destinazione Ferrara. Un viaggio lento, dove il rincorrersi dei campi della pianura mi ha inebriato la vista con decine e decine di aironi lucenti, affusolate scintille nella nebbia, mentre cantavo una vecchia canzone a squarciagola, guidando piano. E ancora Ferrara, dove un impegno di lavoro si è trasformato in un’esperienza umana del tutto commuovente.
Presente, una piccola mancanza alla quale non riuscivo ancora a dare un nome.
Nel tardo pomeriggio sono tornata a Bologna, lasciata l’auto e corsa a prendere l’ultimo treno rapido per Milano.
E mentre il mio corpo si abbandonava al dondolio dell’alta velocità, ho alzato lo sguardo per osservare attorno a me e, come per magia, ho visto solo un binario del treno pieno di persone spaventate, in cerca di qualcuno che le potesse amare. Proprio come me.
Qualcuno così coraggioso da vincere le proprie, di paure, così audace da comprendere le nostre e a tal punto temerario da volerci amare con tutti i nostri difetti… questo è ciò che chiediamo agli altri, senza nemmeno esserne coscienti. Lo pretendiamo, di continuo.
Ecco, cos’ho visto su quel treno.
E quando, una volta arrivata a Milano, sono entrata in casa e ho chiuso la porta dietro di me, ho sentito solo quella piccola mancanza alla quale non sono riuscita a dare un nome.
Fino a questo momento.
Adesso so con certezza che la madre della mia amica aveva ragione.
Perché in questo momento, ho ritrovato il mio equilibrio.
E posso dire che, in questo caso, è stata davvero un’impresa titanica, soprattutto quando ho capito cos’era quella piccola mancanza compagna di viaggio che mi aveva seguita fino a casa.
Era una frase di Jack, di qualche giorno fa.
“Ognuno di noi sceglie la sua velocità. Io posso rallentare un po’ il passo per aspettare qualcuno che arranca, ma se non c’è la volontà di procedere allo stesso ritmo, io ritorno a correre. Perché io non ho tempo, non ho più tempo”.
Nessuno ce l’ha. Anche se nessuno sembra ricordarsene.

Però, mi ricordo che in un punto passato di questo cammino ho fatto una scelta.
Liberarmi delle mie paure semplicemente accettandomi per quella che sono e tenere il cuore aperto.
Tra i miei pensieri, ho scelto di seguire la mia velocità.
Semplicemente perché è l’unico modo che conosco per condividere l’amore per me stessa con gli altri. 
Non esiste altra via, per me.
E anche perché è l’unico modo per perdonarmi, se ammetto con me stessa che non riesco ad aspettare il passo di qualcuno che non vuole camminare.
Chiedo scusa e mi perdono, ma non ho tempo, non ho più tempo.
Nessuno ce l’ha.
In questo momento, i piedi in bilico sui raggi di un sole che mi sussurra primavera, mi fermo ad ascoltare il mio cuore. 
E' aperto e io sono di nuovo in equilibrio.

Grazie Jack.
Grazie Paolo Stella. 
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